Equilibrio precario
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La consuetudine vuole che sia il titolo la prima cosa che vorremmo conoscere e che individua il senso dell’opera che abbiamo davanti, la sintesi di quello che l’artista vuole trasmettere a chi osserva. Il titolo facilita la comprensione del significato che talvolta è volutamente celato o poco accessibile, perché, è noto, gli artisti vedono cose dell’altro mondo in questo.
Andando un po’ oltre la consuetudine, il titolo di questa opera vorrei fosse l’ultima di queste righe ad essere svelato, mentre vi accompagno, prendendovi per mano, a capirne prima il motivo, il senso, quello che rappresenta per me e che vorrei trasmettere a voi.
L’amor(t)e di Carnevale
Testo di Maria Grazia Bersanti
Le figure di Sabbatore riemergono dal passato per recuperare il nostro presente
Riportare in vita ciò che apparentemente muore è la missione artistica di Salvatore Troiano. Programmatico è in tal senso già il titolo della mostra-evento che si terrà presso l’Associazione Internazionale ‘La mano sulla roccia’ a Pratella il prossimo 22 giugno: L’ amor(t)e di Carnevale.
Nella commedia di Viviani Pasquale Capozzi, detto Carnevale, ritorna in vita dopo una morte apparente, sconvolgendo i piani di chi, credutolo andato per sempre, era pronto ad impossessarsi delle sue ricchezze. Così il gesto del giovane artista che agendo sulla parola ne stravolge il senso e il significato , si fa metafora dell’atto creativo di ogni artista che manipolando la materia inerte dà vita all’opera d’arte.
Salvatore Troiano da 12 anni fa esperienza di bottega, anzi di botteghe, spostandosi da una all’altra come chi corre al capezzale dell’agonizzante, cercando di carpire i segreti del mestiere dalle voci , sempre più flebili, dei vecchi artigiani, quelli che faticosamente hanno portato avanti la grande tradizione artistico-artigianale napoletana che nelle sue molteplici realizzazioni (figure presepiali, gouaches, oreficerie) raggiunse la piena maturità espressiva nella seconda metà del ‘700 trasportando Napoli in una dimensione europea. La figura di questo giovane artista potrebbe incarnarsi emblematicamente nella sua opera, esposta in mostra, dal titolo ‘Fatica’ che rappresenta un uomo del popolo nell’atto di traslocare mentre trascina faticosamente un carretto pieno di cianfrusaglie che costituiscono il suo mond. Ma ‘o’ quatt’e maggio’ di Troiano non è una fuga come quella di tanti, artisti e non, ai quali la nostra città non ha permesso di esprimersi: già nel ‘600 Salvator Rosa abbandonava Napoli lasciando dei versi amari che ne giustificavano la fuga: … (Napoli) ‘Nazion di gran fumo e di poco arrosto. A chi nulla mi diede , io nulla devo: lascio ad altri gustar le simpatie del Pausillipo suo, del suo Vesevo. Cercherò fuor di lei le glorie mie’ ; la stessa amarezza informerà qualche secolo dopo e dopo l’ennesimo omicidio di camorra l’omelia accusatrice di don Franco Rapullino che con riferimento alla ‘resa degli onesti’ , invitava gli stessi ad andar via con il famoso ‘fuitevenne a Napule’, di eduardiana memoria. Quello di Troiano è un estenuante, continuo ‘ rimpatrio’ , un non volersi arrendere, mettendosi sulle tracce indelebili di un passato ricco di colori, suoni e creatività che vuol restituire alla sua città. Quasi un teologo della strada, Troiano lavora per il recupero dell’espressione, per infrangere la barriera tra il limite e la libertà e dunque il suo atto creativo si fa atto di fede Recuperando l’antica tecnica di realizzazione delle figure presepiali, ovvero della costruzione del manichino di stoppa snodabile con testa di terracotta e occhi di vetro, Sabbatore crea le sue ‘maschere moderne’:
Uriel cadente, patrono delle arti, lo spirito dalla vista più acuta, mentre precipita nell’abbisso.
Aràggia, la personificazione della rabbia , rappresentata come un uomo che tenta di sottrarsi al proprio limite, rappresentato dalla maschera, ovvero il conflitto tra l’essere e il non essere, il finito e l’infinito, il limite cronologico e l’ anelito alla libertà che è dimensione interiore svincolata dalla leggi del tempo, ed è anche raffigurazione del paradosso dell’artista che si esprime attraverso la materia, ma al contempo è prigioniero della stessa, costituendo la materia un limite alla totale espressione del sè, come intuì e rappresentò Michelangelo nei Prigioni nel 1520.
Pulcinella, maschera che Troiano rivaluta sottraendola allo stereotipo della rappresentazione del napoletano sciocco, maldestro e sempre affamato, facendone invece emergere la profonda simbologia di anima del popolo, (ma si direbbe dei popoli, visto che ne esistono le versioni francese, inglese, … )che incarna qualunque umanità oppressa che cerca di non soccombere, come cercano di fare le persone che hanno trovato un luogo di espressione e di accoglienza nella ‘mano sulla roccia’, dove l’ aspetto antropologico e teologico si armonizzano, dove ci si incontra oltre le parole, dove la materialità si fa spiritualità, dove pulcinella getta via la maschera per vivere l’esperienza dell’amore e della libertà totale.
Maria Grazia Barsanti
English Version
L’amor(t)e di Carnevale
The Love and Death of Carnival
Text by Maria Grazia Bersanti
The figures of Sabbatore re-emerge from the past to recover our present
Bringing back to life what seemingly has died is Salvatore Troiano’s artistic mission.
The mere title of the exhibition-event gives ample clues as to what will be seen at the International Association ‘The Hand on the Rock’ in Pratella on June 22: ‘L ‘amor (t) e di Carnevale’.
In Viviani’s comedy Pasquale Capozzi, known as ‘Carnival’, comes back to life after an apparent death, thwarting the plans of those who, believing him to be gone forever, were ready to take possession of his wealth. Thus, the gesture of the young artist who, acting on the word distorts its sense and meaning, becomes a metaphor for the creative act of every artist who, by manipulating inert matter, gives life to the work of art.
Salvatore Troiano has been working in artisanal workshops for the past 12 years. He has moved from one workshop to another like someone rushing to dying men’s bedside tables, trying to grab the trade secrets of the increasingly fading voices of craftsmen. These craftsmen have laboriously carried on the great Neapolitan artistic-artisan tradition which in its many creations (crib figures, gouaches, goldsmiths) reached full expressive maturity in the second half of the 18th century, transporting Naples to a European dimension.
The figure of this young artist could be embodied emblematically in his work, entitled ‘Toil’ which represents a man of the people in the act of moving while laboriously dragging a cart full of odds and ends that make up his world. But ‘o’ quatt’e maggio ‘ ‘The Fourth of May’ by Troiano is not an escape like that of many artists and not, to whom Naples has not allowed to express themselves: already in the 17th century Salvatore Rosa abandoned Naples, leaving bitter verses that
justified it the escape:… (Naples) ‘Nation of great talk and little action. She gave me nothing, so nothing I owe her: I’ll let others savour the beauty of her Pausylipon, of her Vesevo (Vesuvius). Beyond her I will seek out my glories’.
A few centuries later, after yet another in a seemingly endless list of murders by the Camorra, the same bitterness will inform the accusing homily of Don Franco Rapullino who with reference to the ‘surrender of the honest’, invited them to leave with the famous ‘fuitevenne a Napule’ or ‘Flee Naples”, a passionate plea originally rendered famous by Naples’ favourite son and arguably Italy’s most famous 20th century artist Eduardo De Filippo .
Troiano’s art is an exhausting, continuous ‘repatriation’, an unwillingness to give up, putting himself on the indelible tracks of a past rich in colours, sounds and creativity that he wants to give back to his city of Naples. Almost a street theologian, Troiano works for the recovery of expression, to break the barrier between limits and freedom and therefore his creative act becomes an act of faith by recovering the ancient technique of making crib figures, that is the construction of the articulated tow mannequin with terracotta head and glass eyes, Sabbatore creates his ‘modern masks’:
Uriel cadente (Falling Uriel), patron of the arts, the sharpest sighted spirit, as he falls into the abyss.
Aràggia (Rage), the personification of anger, represented as a man who tries to escape his limit, represented by the mask, or the conflict between being and not being, the finite and the infinite, the chronological limit and the yearning for freedom which is the interior dimension freed from the laws of time, and is also a representation of the artist’s paradox that is expressed through matter, but at the
same time is a prisoner of it, constituting to matter a limit to the total expression of the self, as Michelangelo understood and represented in his work Prisoners in 1520.
Pulcinella, a mask that Troiano re-evaluates by smashing the stereotype of the foolish, clumsy and always hungry Neapolitan, instead bringing out the deep symbolism of the soul of the people, (but we would say of the peoples, given that there are the French, English versions, …) which embodies any oppressed humanity that tries not to succumb, as people who have found a place of expression and welcome in the ‘Hand on the Rock’, where the anthropological and theological aspects are harmonised, where we meet beyond the words, where materiality becomes spirituality, where Pulcinella throws off the mask to live the experience of love and total freedom.
Maria Grazia Barsanti
Nativity scenes
The word nativity scene comes from the Latin praesēpe which means “stable”, “manger”. Perhaps the reference is to the Gospels of Luke and Matthew which describes the birth of Jesus in a stable near Bethlehem.
The first to reproduce the nativity scene with a live reconstruction was Saint Francis of Assisi.
It was 1223. Subsequently many other reproductions were made in which the characters were often replaced by small statues. In all, the point in common was the darkness of the night that was attenuated by the light of a newborn: a light in a stable that gives comfort to the needy soul, like the fire in the fireplace on cold winter nights.
For centuries the scenography did not change much compared to that proposed by the Saint of Assisi.
Since then, the methods of realisation have evolved but the spirit of the nativity scene has not changed: a crowd of characters without distinction of class who approach a small light to absorb some warmth with which to face the new year.
terracotta, rame, ferro.
custodi di sogni, realizzati con materiali conduttori, un concetto di scultura modulabile .